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mjandrade157

Un Mare di Soldi


La droga è il core business delle mafie. Miliardi che poi vengono investiti nell’economia legale, per comprare società, azioni, criptovalute, elezioni.


Il 16 aprile del 2023 a poche miglia dalla playa di Catania la Guardia di Finanza ha rintracciato una grande rete alla quale erano avvolti decine di grandi sacchi, chiusi ermeticamente. Agganciate alla rete alcune boe di segnalazione. Nei sacchi 1600 panetti di cocaina purissima, due tonnellate. Sul mercato, una volta tagliata con altre sostanze, sarebbe fruttata quattrocento milioni di euro. Un’immensa nave cargo ha lasciato cadere il carico, un peschereccio catanese sarebbe dovuto andare a raccoglierlo per poi rifornire il mercato siciliano.

Il 16 maggio, appena un mese dopo, nel porto di Gioia Tauro in Calabria la Guardia di Finanza ha perquisito un container che avrebbe dovuto contenere banane. Dentro le cassette “bonita” c’erano quasi quattro tonnellate di cocaina. Ottocento milioni di euro di valore sul mercato.


Nel 2023, secondo la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia del Ministero dell’Interno presentata nel maggio 2024, sono state condotte nel nostro Paese ventimila operazioni antidroga che hanno portato al sequestro di ottantotto tonnellate di sostanze. Il 45,3% è marijuana, il 30,6% è hashish, il 22,3% è cocaina, lo 0,3% oppiacei, lo 0,2% droghe sintetiche.


Nel rapporto si presentano in forma aggregata i dati circa il costo delle sostanze. La marijuana che nel 2022 costava quasi 3200 euro al chilo, quest’anno è scesa a 2461 euro al chilo, nel mercato all’ingrosso dei narcotrafficanti. Anche il prezzo all’ingrosso della cocaina è sceso. Si è passati dai 38300 euro del 2022 ai 37445 euro del 2023.

Contemporaneamente sono aumentati i prezzi al dettaglio. La marijuana è arrivata a costare in media 10,19 euro al grammo, la cocaina 83,55 euro.

Guardando ai dati relativi alle sostanze sequestrate, che rappresentano una piccola percentuale delle sostanze in circolazione sul mercato di ogni città e quartiere italiano, possiamo fare qualche calcolo circa il flusso di denaro connesso alle droghe. Se prendiamo in considerazione la marijuana, ne sono state sequestrate in un solo anno 40 tonnellate, che hanno generato uno scambio tra narcotrafficanti di 98 milioni di euro e sul mercato sarebbero valse 409 milioni di euro. Di cocaina ne sono state sequestrate quasi 20 tonnellate, per un valore di scambio tra narcotrafficanti di 741 milioni di euro e un valore sul mercato di oltre un miliardo seicentocinquanta milioni di euro. Considerando solo la sostanza pura, non tagliata, e misurando il valore delle sole quantità sequestrate.


Secondo lo studio del Ministero dell’Interno il mercato delle droghe

in Italia, in un solo anno, vale 16 miliardi di euro. Un dato che però

appare fortemente sottostimato.

Un mare sterminato di soldi che finisce in buona parte nelle mani della criminalità organizzata che controlla il narcotraffico. Nell’ordine: i cartelli sudamericani, la ndrangheta, Cosa Nostra. La droga è un flusso costante di denaro che alimenta le casse delle mafie e le consente di accrescere costantemente il potere di controllo del territorio, il potere finanziario e il potere politico.


Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia del Ministero dell’Interno


Adesso, preso atto della quantità enorme di sostanze e di soldi, vanno raccontate due storie parallele. La prima riguarda le nuove modalità di commercio delle sostanze. La seconda riguarda il modo nel quale le mafie utilizzano i soldi guadagnati con la droga.



L’esercito dei pusher è in via d’estinzione. Quel collaudato sistema di venditori e vedette, arroccato negli angoli più angusti delle città, esiste ancora ma non è centrale come prima nello smercio delle sostanze. Il lockdown ha accelerato il cambiamento nei sistemi di acquisto e il delivery è diventato centrale anche nella vendita di erba e cocaina.

Gruppi Telegram espliciti e chat Whatsapp in codice consentono di comprare importanti quantitativi di sostanze senza più entrare con macchine e motorini nei quartieri popolari. Il rider arriva a casa, tu paghi e lui scompare. I clan mafiosi che gestiscono il traffico non si sono né camorrizzati né polverizzati, come si stava ipotizzando alcuni anni fa, hanno semplicemente deciso di sperimentare il franchising del commercio di droga. Chiunque, alle loro regole, può prendersi un quantitativo di sostanze e venderlo.

I pusher non sono affiliati di Cosa Nostra ma a miserabili gang, violente e sconclusionate, facilissime da intercettare da parte della polizia. I signori della droga agiscono sempre più nell’ombra, lontano dalla strada, come i vertici delle grandi aziende. Alla mercé di polizia e carabinieri, carne da macello da dare in pasto al sistema carcerario, scudi umani da immolare davanti alle telecamere, rimangono centinaia di nullatenenti, semianalfabeti, con una striminzita licenza media, raggirati da qualche amico di amici che ha promesso loro grandi guadagni e grande potere.

Una mastodontica circonvenzione di incapaci, edificata sul degrado sociale, lo stato di bisogno, l’abbandono scolastico. E mentre questi miserabili perdono dignità e felicità in una strettissima cella di un qualsiasi carcere, i loro beniamini se la spassano coi soldi della droga

all’ingrosso e degli affari conseguenti.


La Grande Bellezza, P. Sorrentino


La seconda storia è la loro. Quella degli invisibili. I signori della droga, mai acciuffati da nessun magistrato, mai oggetto di indagini. Esistono ma non si vedono. In procura si accontentano dei poveracci. Impuniti, i grossisti fanno affari iniettando il denaro della droga nell’economia reale e paralegale. Una volta erano i bar, gli alberghi, i ristoranti, poi sono diventate le ditte della logistica, i supermercati, i commerci di ogni genere, poi le banche e i fondi d’investimento. Quando giri per la città e vedi l’ostentazione della ricchezza e non ti capaciti di come faccia quella persona a essersi aperta, dal nulla, quel grande negozio, o come abbia fatto a comprarsi quella lussuosa automobile: non c’è molto da riflettere, sono i soldi della droga. Soldi che passano di mano in mano, fino a non puzzare neanche un poco, ma che edificano le ville degli onestissimi commercialisti, che pagano le vacanze dei brillanti

avvocati, che finanziano le campagne elettorali di promettenti politici. Soldi che viaggiano da Catania a Malta, da Malta a Dubai, da Dubai all’Australia, dall’Australia alla Svizzera, dalla Svizzera a Catania. In forma di investimenti, di nuovi magnifici imprenditori, di criptovalute, di grandi imprese.





Sistema di potere degli anni 80 a Catania,

da sinistra l’imprenditore Franco Romeo,

il boss mafioso Nitto Santapaola,

il Sindaco diCatania Salvatore Coco.



Nel quartiere di San Berillo Vecchio a Catania, un dedalo di ruderi nel pieno centro di Catania, trovano casa tutti gli esclusi della città. Le comunità africane, le prostitute, i disperati. San Berillo è uno dei luoghi dove è più visibile il commercio di crack. Tra via Pistone, via Carro e via delle Finanze. Lo sanno tutti. Lo sa benissimo la polizia, che però si guarda bene dal piazzare una volante fissa lì, non si sa mai quel quartiere possa avere la stessa dignità delle altre vie del centro. Lo sanno bene i servizi sociali, che in via Carro non sono mai stati. Più utile continuare a costringere alla marginalità gli emarginati. In via Carro una dose di crack, che è cocaina da bruciare, costa 5 euro. La possono prendere tutti. Chi non ha i soldi, in un attimo scassa una macchina, rapina un anziano, ruba a un suo compagno, scippa un telefono.

I venditori di crack hanno imparato a fare anche i ricettatori, facendosi pagare le dosi con beni appena rubati. Un circolo vizioso di abuso di sostanze, violenza, furti, ancora

sostanze, ancora furti, ancora violenza. Chi entra a San Berillo Vecchio sente

subito una sensazione di disagio, come se tutto ciò che la città non vuole vedere si fosse dato appuntamento lì. La spazzatura è come se venisse spruzzata fuori dai palazzi abbandonati, le basole di pietra lavica rotte fanno il rumore delle ossa spezzate. E tutta questa miseria umana, abbandonata dalle istituzioni è tenuta in precario equilibrio dalla follia di qualche associazione.


C’è Trame di Quartiere che supplisce all’assenza di ogni attore istituzionale, c’è la parrocchia di quartiere con un laboratorio civico e politico che tenta di accendere un dibattito sul quartiere, c’è Officina Rebelde che tenta di difendere i diritti di chi non ha alcuna voce, c’è Lhive che si prende cura di chi sta peggio, c’è l’associazione dei giovani gambiani che tenta di restituire dignità alle persone disarticolando il razzismo

istituzionale. Fuori da questo carico di umanità c’è solo miseria e disumanità.

Fa impressione come ogni giorno questa parte più povera e disastrata della città finanzi le grandi ville degli elegantissimi professionisti. Il crack più di ogni altra droga porta in sé questa ingiustizia: distrugge i poveri e arricchisce i ricchi.


Di Matteo Iannitti

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