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mjandrade157

La droga dei poveri


Intervista a Marco, ex consumatore di crack e cocaina che adesso vive in una comunità di recupero


In un caldo pomeriggio di luglio percorro la strada che dal centro di Catania mi porta verso un piccolo comune etneo, in una comunità per tossicodipendenze. In auto ascolto i CCCP Fedeli alla Linea fuoriuscire dalle casse ad alto volume e mi chiedo che cosa mi aspetti dall’intervista che andrò a fare e come possa essere percepita dalla persona a cui porrò domande di certo non facili. Conosco già Marco, da oltre un anno. Ogni settimana, nella sede del Comitato Territoriale di Arci Catania, in mezzo alle tante attività che lì si svolgono, mi riunisco come operatrice al gruppo del martedì gestito da Pino Fusari, psicologo e psicoterapeuta che da anni lavora in comunità per PUD, acronimo che sta per “persone che usano sostanze”. Li chiamiamo così e così chiediamo che loro stessi si definiscano all’occorrenza: non con lo stigma martoriante di “tossici”, ma come utenti di sostanze psicotrope.

AL SUD È SEMPRE PIÙ URGENTE OPERARE IN MODO CAPILLARE E INTERSEZIONALE

Conosco i loro visi e le loro storie, mi immergo nella narrazione delle loro vite quotidiane e di parti cruciali del loro passato. Mentre penso a che cosa sia il gruppo del martedì, alla sincera gratuità di questa iniziativa in una città sempre più desolata come Catania, di cui la bellezza viene minacciata da politiche sbagliate, ascolto la voce di Lindo Ferretti cantare “curami, curami, curami, prendimi in cura da te”, quello stesso Ferretti che, prima di diventare il cantante della nota band punk filosovietica, lavorava come operatore psichiatrico.

Realizzo ancora una volta il luogo che abito: sono al Sud, lì dove è urgente operare in modo capillare e intersezionale, e dove il bisogno di cura è sempre più estremo, la stessa cura di cui canta Ferretti. Con questa consapevolezza incontro Marco, ragazzo che frequentava il gruppo del martedì e che da qualche mese è entrato in comunità.


 

Quando si fa questo tipo di interviste di solito si comincia con una domanda che parte dalla fine della storia. Perché ti trovi qui?

Mi trovo qui perché sono tossicodipendente, faccio uso di sostanze stupefacenti come crack, cocaina e marijuana. Sono qui perché non riuscivo più a gestire la situazione, perché usando questo tipo di sostanze in modo eccessivo e facendone abuso non ero più riuscito a gestire la mia vita. Mi trovo qui per recuperarla e riprenderla nelle mie mani.


Adesso ti chiedo di fare un piccolo (o grande, questo me lo dirai tu) passo indietro. Qual è stata la tua prima esperienza con la sostanza?

La mia primissima esperienza con la sostanza è stata dopo le scuole medie, in estate, ho provato la marijuana. Sono passato quasi subito alla cocaina all'età di 15-16 anni (Marco adesso ne ha 27 n.d.r.), frequentavo persone un po' più grandi di me e che facevano uso di cocaina. Inizialmente ci riunivamo una volta alla settimana in una casa per passare del tempo con la marijuana. Poi, dopo pochissimo tempo (parliamo di qualcosa come due settimane), mi ha incuriosito la cocaina e l'ho voluta provare.


Tavolo con mosaico realizzato dagli utenti della comunità, dove si è svolta l’intervista

Quello è stato “il salto di qualità”?

Sì, purtroppo sì. Con la marijuana passavamo del tempo “pulito” insieme. Sì, è sempre una sostanza, però non ha niente a che vedere con altre sostanze molto più dannose.


Se dovessi individuare, pensare a un'emozione che ti ha spinto a fare uso della sostanza, quale sarebbe? Volevo vantarmi, volevo sentirmi più grande e volevo anche rendermi più partecipe del gruppo, per spirito di appartenenza. Tutto


è iniziato come una prova. Frequentando persone più grandi di me e vedendo che loro utilizzavano sostanze stupefacenti, mi sono incuriosito. Poi sono quel tipo di persona che ha sempre voluto provare tutto nella vita, quindi probabilmente ha inciso anche questo. Io non fumavo sigarette: le compravo solitamente per farmi le canne, quindi ho iniziato così a fumare. Ho iniziato dopo a fumare le sigarette, ma sempre tramite le canne.


Quando sei passato al crack?

Scorcio dal pollaio

Quella del crack è una lunga storia. È una lunga storia perché inizialmente non lo conoscevo. L’abuso di cocaina mi ha portato tanti guai nella vita, anche reati da codice penale perché, facendo sempre più abuso ed eccessi con la sostanza, non sono più riuscito ad avere i soldi per comprarla. Nessuno della mia famiglia sapeva, quindi non potevo giustificare questa fuoriuscita di denaro. Ero arrivato al punto di non avere più soldi. È stata come una limitazione per me, quindi ho dovuto fare delle cose brutte come spacciare per potere acquistare la sostanza. Inizialmente vendevo marijuana, poi sono passato anche a vendere la cocaina.


E dove lo facevi? C'erano delle zone particolari?

La serra di cui si occupano gli utenti

In una piazza di spaccio a San Leone. Mi sono trovato a spacciare in una piazza già conosciuta a Catania, quindi è stato più facile. Ho deciso di mia spontanea volontà di fare il pusher. Ogni giorno avevo altro denaro per potermi comprare la droga. Da lì è stato un susseguirsi di guai. In questa piazza ho conosciuto il crack. Mentre spacciavo, provavo anche la sostanza, cioè cercavo di capirne la qualità. Quindi, la squagliavo con acqua e bicarbonato: questo è uno dei metodi che serve a verificare quanta cocaina pura c’è. Dopo averla “cucinata”, come si dice in gergo, viene fuori il crack. Chi fa questo procedimento prova la sostanza, quindi allo stesso tempo la assume. Questo passaggio è necessario: se vuoi spacciare devi provare la qualità, altrimenti perdi i clienti e quindi denaro.


Quindi si può dire che è come se il crack fosse “in via sperimentale”? Chi conosce come si fa va tranquillo, però nessuno sa ufficialmente come viene trattato.

Sì, perché chi lo squaglia secondo me non ha nessun tipo di idea di quali sostanze vengono mescolate. Diciamo che a differenza della cocaina, che arriva dal produttore allo spacciatore e dallo spacciatore al consumatore, il crack passa da molte, molte mani. Quindi c'è anche il pericolo che ogni mano possa mettere un prodotto diverso da quello che c’era in precedenza, sconosciuto.

È evidente che tutto dipende da chi lo fa, da chi lo mischia. Lo spacciatore non ha nessun tipo di idea del prodotto che vende e chi lo assume non sa che cosa sta assumendo. Anche io ero convinto nell'ultimo periodo di fumare crack, ma in realtà forse c'era ben poco di cocaina, dato che il crack viene ottenuto da questa. Ogni mano contribuisce all'aumento del prodotto e all’aumento del guadagno. La qualità chiaramente è scarsissima.

IL CRACK PASSA DA MOLTE MANI. C'È IL PERICOLO CHE OGNI MANO POSSA INSERIRE UN PRODOTTO SCONOSCIUTO

Potremmo dire, quindi, che è questa la cosa che differenzia il crack dalle altre sostanze?

In teoria dovrebbe, ma non è così, perché oggi chi utilizza il bicarbonato o l'ammoniaca, che sono le due soluzioni per produrre il crack e per pulire la cocaina da tutti i tipi di taglio, non riesce a purificare completamente la sostanza, quindi non sappiamo quale prodotto stiamo assumendo.



La stanza della tv

Se per ipotesi volessi provare il crack, dove lo troverei?

Una volta trovare il crack era difficile, non lo vendevano da tutte le parti perché la dipendenza da crack (craving) è più elevata, provoca più astinenza rispetto alla cocaina, che viene tirata su con il naso e che dura sicuramente di più. Gli effetti del crack al massimo possono durare circa un quarto d'ora, quindi ti fa venire la voglia di continuare, la voglia di assumerne ancora. L’astinenza da crack è bestiale, dieci volte più forte. Ti faccio un esempio pratico: con un grammo di cocaina ti puoi fare cinque pippotti, con un grammo di crack circa sette, otto fumate. La differenza è che l’effetto da cocaina può arrivare a durare anche quattro ore, è più prolungato perché viene assunta dal naso. Invece, l'uso del crack è molto diverso: ogni dieci minuti ti viene la voglia di farti un tiro, quindi uno dietro l’altro, è un circolo vizioso, avviene tutto più velocemente. Quando facevo uso di cocaina avevo una vita più o meno normale: uscivo con mia moglie, avevo a che fare con persone. Con il crack è cambiato tutto.


E invece è opinione comune che il crack abbia degli effetti meno gravi della cocaina. Si pensa alla cocaina come alla droga dei ricchi, invece oggi vediamo che è più facile da reperire.

Allora, te lo dico in modo brutale: una volta faceva schifo chi si drogava, oggi fa schifo chi la vende. Sai perché ti dico questo? Perché oggi stanno vendendo droga anche a 5 euro. Il tossicodipendente, anche padre di famiglia, se si trova cinque euro in tasca, non porta il pane a casa, si compra la droga. Quindi questa storia che la cocaina è la droga dei ricchi possiamo già togliercela dalla testa, perché non è più la droga dei ricchi, forse è diventata davvero la droga dei poveri. Adesso stanno vendendo cocaina e crack a 50 € al grammo, in alcuni posti la stanno vendendo anche a 40 € al grammo. Una volta veniva venduta a 100 € al grammo. Tempo prima ancora veniva venduta a 100.000 lire al grammo. Quindi, come puoi immaginare, oggi non è per nulla la droga dei ricchi. E ti dico che gli spacciatori fanno più schifo dei tossici, perché vendendola a questi prezzi c'è un pericolo più elevato che anche l'adolescente o l'anziano, insomma chi è senza soldi o chi campa di pensione, arrivi a fare uso di cocaina perché il costo è veramente basso. Oggi c’è un tasso di criminalità molto più alto di alcuni anni fa, le piazze di spaccio sono più numerose rispetto a quelle di una volta. In alcuni quartieri, nella stessa strada e a una distanza di 300 metri, si possono trovare due piazze di spaccio diverse. Tra piazze di spaccio c’è anche una sorta di competizione, per esempio, per quanto riguarda i prezzi. Sicuramente dietro di loro ci saranno degli accordi: la droga non si può vendere a un prezzo minore da quello prestabilito, perché tutti devono guadagnare la stessa cifra. Alcune piazze di spaccio a Catania hanno deciso addirittura di vendere solo crack per quello che ne so.

Sedile con moisaico, realizzato dagli utenti

Che cosa sono le verifiche che fate in comunità?

La verifica è la possibilità per l’utente di tornare a casa per un breve periodo “in verifica”, appunto, durante la convalescenza. In questo modo si ha la possibilità di verificare se il programma sia realmente di aiuto, serve anche a far relazionare l’utente con il mondo esterno. In questa struttura si va a casa per la prima volta dopo i primi due mesi, per due giorni e una notte. Poi, quando con il tempo lo staff acquisisce fiducia e, tramite drug test e simili, si rende conto che non hai fatto uso di sostanze, aggiunge un giorno in più fino ad arrivare a un massimo di tre notti e quattro giorni. Io purtroppo ho la sfortuna di abitare in un quartiere dove ci sono tanti spacciatori. Vedo anche persone che assumono e ti devo dire che più si va avanti con il tempo e più questa situazione del crack sta andando a peggiorare, anche perché ti porta a fare delle cose assurde. Quindi si sta alzando anche il tasso di microcriminalità. Ho vissuto tutto sulla mia pelle, la mia lotta continua e sono sicuro che andrà avanti per il resto della mia vita.


Perché dici per tutta la tua vita?

Interni della comunità

Perché purtroppo, una volta che si è fatto uso e abuso di sostanze, è molto più facile che quando capita, al sopraggiungere di un determinato problema, ci si nasconda dietro la droga. Io oggi sono qui con un percorso di sedici mesi alle spalle, ma ho avuto la disgrazia di ricadere con la sostanza dopo otto mesi. Ci sto mettendo tutti i miei mezzi e le mie forze, ma il pericolo è sempre dietro l'angolo. Questa è la mia terza comunità, nella prima non ho concluso il percorso, l’avevo fatto solo per fare contenta la mia famiglia e la mia compagna, avevo vent’anni. La seconda volta è stata qui, in questa struttura dove sono adesso, però probabilmente ho trascurato qualcosa della mia persona e alla fine sono ricaduto.


Si può dire che sei in un momento di svolta ora?

Mi trovo in un momento di svolta perché ho deciso di svoltare. Sono molto intimorito dalla sostanza oggi, anche perché mi sono anche accorto che non è più la stessa sostanza di una volta e si capisce da tante cose: dallo sballo che ti dà, da un insieme di cose. Io oggi ho solo dei ricordi, dentro di me ho bruciato tutto quello che avevo costruito e quello che già c'era. C’erano le macerie sotto di me.


L’albero della vita

E sai individuare da dove sei partito per costruire qualcosa dentro di te?

Iniziando a lavorare sulle mie difficoltà, su quello che per me era giusto. Con l'aiuto dello staff ho capito che erano sbagliati i miei modi di fare, i miei pensieri etc.


Prima dicevi che sei intimorito: oggi qual è la tua più grande paura?

La mia più grande paura è quella di diventare la stessa persona di quando mi drogavo. La mia paura non è solo quella di perdere la famiglia, anche perché oggi mi trovo solo mia moglie vicino. Ho paura di diventare la stessa persona che ero mentre usavo crack e cocaina, perché il male me lo sono fatto da solo e oggi, a mente lucida, riesco ad avere dei ricordi delle cose che la sostanza mi ha fatto fare. Qualche volta qualcuno mi racconta le cose che facevo mentre ero drogato e, rivedendomi, capisco di più di me. Mi ero ridotto a pesare 60 kg, ora ne peso 85. La droga non ti fa vivere le stesse emozioni di quando sei lucido, anzi non le vivi proprio, perdi la cura personale, pensi più a drogarti che a mangiare.


Questa cosa potrebbe avere a che fare con la depressione? Alla fine e per motivi diversi (problemi di lavoro, ansia etc.) si può finire col farsi del male. Hai mai pensato di non avere altre opportunità?

Io penso che chi risponde con la droga a questi problemi abbia trovato solo giustificazioni. Posso anche capire la perdita di un caro, la perdita di lavoro, la depressione, ma non li giustifico. Perché non li giustifico? Perché oggi mi sono stati forniti degli strumenti, dei metodi. Ci sono altre cose, non c'è bisogno della droga, cioè non ti puoi rifugiare lì. Prima di tutto bisogna imparare a conoscere se stessi perché, anche se ti muore un familiare, non devi morire anche tu.

OGGI, A MENTE LUCIDA, RIESCO AD AVERE DEI RICORDI DELLE COSE CHE LA SOSTANZA MI HA FATTO FARE

La sofferenza a un certo punto devi anche sentirla. Se ti droghi, arrivi al punto di non sentire più neanche la sofferenza, quindi automaticamente soffri per una cosa astratta, perché la droga non ti fa vivere più nessuna emozione. Esistono degli strumenti che si possono utilizzare per aiutarsi: essere impegnati in qualcosa, fare uno sport, cercare una persona che ti aiuta, che ti può stare vicino, anche un amico che può farti parlare. Può essere di aiuto anche il sertT, anche se la prevenzione in Italia non è non è tra le migliori.


Pensi che le strategie di prevenzione da parte delle istituzioni non funzionino?Zero.


Che cosa cambieresti?

Intanto il metodo di aiuto, cioè predisporre persone più preparate, qualificate, perché magari hanno il titolo di studio, ma poi non “arrivano” alle persone, perché non lo fanno per passione, ma lo fanno solo per lavoro e poi non ti danno nessuna restituzione in positivo. Una volta mi è stato detto di camminare senza soldi per non drogarmi, tanto per dire. Ci vuole personale qualificato, pronto ad ascoltarti veramente. Sono molto importanti anche i gruppi di auto-aiuto come il gruppo del martedì all'Arci, perché interfacciandosi con una persona con gli stessi problemi ci si fa da specchio.


La tua famiglia come sta vivendo questo momento?

Purtroppo ho contatto solo con mia mamma, perché a causa dei problemi che ho creato hanno deciso di denunciarmi. Le hanno provate tutte con me, ma io non volevo farmi aiutare. È stato un rapporto che è andato man mano sgretolandosi fino a rompersi. Vedere il fallimento del proprio figlio è una cosa orrenda, posso dirlo anche se ancora non sono padre. Oggi accetto quello che hanno fatto, ma purtroppo ero in una fase di disperazione totale. A causa della sostanza mi sono lasciato con mia moglie e sono tornato a casa dei miei. Mi svegliavo per drogarmi, nella mia testa c'era solo la droga, perché anche in piccola parte non mi faceva pensare alla mia compagna. Non volevo entrare in comunità, non volevo farmi aiutare e allora hanno pensato di farmi arrestare, perché supponevano che in carcere non sarebbero entrate le sostanze.


                                il forno la cucina                                                                                                              

Hai anche dei processi in corso, no?

Sì, per spaccio e furto. Ora siamo agli sgoccioli: ho una pena definitiva di cinque anni e sei mesi e quattro procedimenti penali in corso. Ho la fortuna di essere qui e di usufruire di una struttura sanitaria per tossicodipendenza. Posso scontare la mia pena qui dentro, ovviamente dipende dai reati. Dico che è una fortuna perché, facendo questo tipo di percorso, ho la possibilità di crearmi un bagaglio più grande rispetto a uno standard, qui riesco ad acquisire quante più cose possibili per combattere la dipendenza.

QUI DENTRO HO L'OPPORTUNITÀ DI COSTRUIRE UN BAGAGLIO MIGLIORE DI QUELLO DI ALTRI

Anche perché a volte il carcere non aiuta: poi si esce e si rifà la stessa cosa.

Dipende anche dalle persone che ti ritrovi dentro, dai compagni di cella, possono anche peggiorare la tua situazione giuridica. Non è sempre così, ma può capitare. A volte ci si abitua al carcere.


Quindi per te è sicuramente più efficace questo tipo di percorso?

Per me sì, almeno per chi ha un tipo di patologia come la mia è molto più utile perché c'è un gruppo che ti segue, un'equipe. Si fanno dei gruppi, è un modo per lavorare sulle proprie difficoltà con un supporto psicologico h24. Io consiglio la Comunità, l’ho consigliata a molte persone. L'unico modo per uscirne è farsi aiutare, non esistono altri modi.


C'è qualcosa che magari vorresti dire a una persona che potrebbe aver passato un momento simile al tuo?

Innanzitutto non nascondersi dietro a un dito, chiedere aiuto a chi è più vicino, qualsiasi persona essa sia.


Però a volte è proprio la famiglia ad avere gli stessi problemi, no? Ci sono famiglie in cui l’uso di droga è abituale.

Questo è drastico, perché nessuno ti capisce e automaticamente tu sei visto come un problema proprio perché te ne vuoi allontanare. A volte succede quello di cui stai parlando quando si va in verifica e si torna a casa. Per questo dicevo che non ti puoi nascondere dietro un dito. Devi essere te stesso e ti devi mettere a nudo, appunto.


C’è stato un momento in cui hai detto una seria bugia?

Ho superato il limite con la morte di mia nonna. Non avevo soldi per acquistare sostanze e ho usato la morte di mia nonna come metodo per avere soldi. Avevo chiesto a mia madre di darmi i soldi per comprare i fiori a mia nonna e invece mi sono comprato la droga. Ho passato periodi in cui in un secondo avevo mille euro, altri in cui mi svegliavo senza un euro e dopo un paio di ore ne avevo ottomila. Ci sono stati periodi in cui ero strettamente controllato e a quel punto ho usato la morte di mia nonna per fare soldi. La persona che dipende da sostanze cambia per prima cosa il suo essere bugiarda.


Perché ci si nasconde come se ci si dovesse vergognare?

Ci si nasconde perché non sei più te stesso. Provi vergogna perché ti senti giudicato, provi vergogna perché ti senti sottovalutato rispetto agli altri. E poi, lo stigma: già la parola “tossico” può fare paura, è un giudizio.


Se avessi la possibilità di tornare indietro, c'è qualcosa che cambieresti o rifaresti le stesse cose? Senza peli sulla lingua.

No, non le rifarei, perché la sostanza mi ha provocato dei danni sia a livello fisico che a livello cerebrale, ne sono consapevole. Non avrei potuto nemmeno parlare con te, non seguivo un filo logico, ero aggressivo, avevo sempre rabbia addosso. Poi la ricaduta è stata brutta, sono finito in ospedale. Non rifarei niente di quello che ho fatto per nessun motivo. Io ho avuto la fortuna di essere seguito da una famiglia che era presente, con dei principi. Mio padre era finanziere, la mia era una famiglia pulita, per bene. Nulla è destino, nessuno ti punta la pistola per drogarti.


               Area giochi per bambini in lavorazione Esterni della comunità


La poesia Siamo nuvole di Chandra Livia Candiani posta in epigrafe su una lastra

C’è stato un imprevisto, qualcosa di bello che non ti aspettavi accaduto nell’ultimo periodo?

Mia moglie si è riavvicinata a me. Non sarei entrato in struttura se mia moglie non si fosse fidata delle persone che mi stanno aiutando. Io oggi ci credo perché sono più deciso di prima, anche se sono più spaventato, ma voglio essere una persona diversa, no? Dovrò rimanere un po' più di tempo a differenza di qualcun altro, ma va bene così, premura non ne ho.










Di Benedetta Spampinato

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